di Vincenzo Galatro – Quando la lite di pianerottolo travalica i limiti del lecito e diventa una persecuzione, allora è possibile che si configuri un vero e proprio reato: stiamo parlando del delitto di “stalking”, ovvero “stalking condominiale”. Fenomeno così ribattezzato proprio per il fatto che la cornice entro cui gli atti persecutori e di molestia vengono posti in essere è rappresentata dalla compagine condominiale e, visto quanto emerge dai numerosi fatti di cronaca, i rapporti di vicinato sembrerebbero un contesto “ideale” per agire con atti aggressivi e vessatori verso gli altri: oltre il 25% degli atti di stalking hanno, infatti, come luogo d’azione – o locus commissi delicti – la vita in condominio, il vicino di casa, la famiglia della porta accanto.

Il codice penale precisa esattamente gli elementi costitutivi di questo reato, descrivendone sia la condotta del reo, che gli effetti dannosi sulla vittima, dandoci una nitida fotografia della fattispecie e facendoci chiaramente percepire il fenomeno di cui si tratta.

In particolare, l’art. 612-bis c.p. – introdotto dal decreto legge n. 11 del 23 febbraio 2009 – stabilisce che: “Salvo che il fatto costituisca più’ grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di donna in stato di gravidanza o di un soggetto con disabilità, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi, o da persona travisata, o con scritto anonimo.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”

Quindi, in sintesi, gli elementi costitutivi del reato di stalking:

 

  • l’autore deve compiere azioni di molestie o minacce nei confronti della vittima;

 

  • le condotte devono essere ripetute nel tempo, non è sufficiente un unico atto;

 

  • le condotte devono provocare nella vittima un grave disagio psichico ovvero farla temere per la propria vita o per quella di una persona vicina o comunque costringerla a modificare in maniera rilevante il modo di vivere.

 

Per quanto riguarda la ripetizione delle condotte nel tempo, la giurisprudenza ha precisato che “anche due soli episodi di minaccia o molestia possono valere ad integrare il reato di atti persecutori previsto dall’art. 612-bis del codice penale, se abbiano indotto un perdurante stato di ansia o di paura nella vittima, che si sia vista costretta persino a modificare le proprie abitudini di vita” (Cassazione penale, sentenza n. 25527/2010).

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