Nocera Inferiore, 29 ottobre 2015-Abito al quinto piano. Penserete : -Cosa ce ne importa?-. Niente. Solo che mi ritengo stavolta davvero fortunata. Perché dal mio altissimo quinto piano, non sento neanche la pioggia. Soprattutto di notte. Invece, tantissime altre persone, compresa la mia famiglia, quando piove hanno paura. Perché? Perché hanno avuto la ‘sfortuna’ di abitare al piano terra, avere cantine, attività commerciali, case ristrutturate da poco, asili. Perché hanno avuto la sfortuna che tutto questo, costruito dopo fatica e stenti, sia posizionato in zone vicino al fiume. Un fiume che dovrebbe essere prima di tutto: pulito (che utopia), controllato, sicuro, stabile e perché no, bonificato o magari ricoperto.
Io, dal mio altissimo quinto piano, ho percepito l’angoscia, le lacrime, la costernazione davanti ad una natura non colpevole, perché sapete la natura questa volta non c’entra, perche è giusto che piova,perché è colpa dell’uomo. Dell’uomo che per i suoi interessi, soprusi, se ne frega dei bambini, degli anziani, dei disabili, di persone che già a stento arrivano a fine mese e si ritrovano l’acqua sotto il letto. Se ne fregano dei contadini, delle loro terre, di quelle verdure e della frutta che arriveranno inquinate anche sulle loro tavole ed anche i loro figli le mangeranno. Quel terreno in cui la gente si rompe le schiena, estate ed inverno. Sotto quaranta gradi al sole. Sotto tre gradi col vento ghiacciato. E quando li vedo mi chiedo quella forza assurda quasi surreale da dove provenga. E capisco che proviene da quell’istinto di sopravvivenza che nonostante i troppi problemi, abbiamo ancora, ma state facendo di tutto per toglierci anche quello. State facendo di tutto per farci ammalare e se non ci fate ammalare, ci fate morire di collera. E mi riesce difficile ammettere tante cose. Ammettere che non solo Nocera Inferiore, ma una regione intera, siano il frutto di scelte sbagliate, di comportamenti sbagliati. Ed è anche vero che l’uomo inquina anche solo parlando, ma c’è tanta, tanta gente che ancora rispetta l’ambiente e la sua terra. Perché ha rispetto per gli altri esseri umani, per le generazioni che verranno, per gli animali.
Mentre scrivo mi rimbombano nelle orecchie le lacrime di chi ieri ha perso tutto o quasi. Sento le loro paure. E sento di avere un nuovo peso che mi attanaglia, perché nel mio piccolo posso fare poco. Perché io non sono un’istituzione. E la colpa non è di chi, ma di cosa. Perché io non sto qui a scrivere è stato lui, lui e lui. Perché io dal mio altissimo quinto piano mi sento in colpa, per non avere i piedi sporchi di fango, l’acqua che mi batte in testa, avere freddo. Mi ero promessa di non scrivere per un po’ anche perché io quando scrivo, lo faccio di tutt’altro, ma stavolta ho deciso di non chiudermi nel silenzio. Perché il silenzio è pericoloso. Perché questo non è un problema circoscritto al nostro Agro, ma è un problema di rilevanza nazionale. E dobbiamo essere noi giovani a batterci come forsennati per un futuro migliore. Purchè non scendano più lacrime. Purchè famiglie non si ritrovino all’improvviso senza nulla. Senza lavoro, case, soldi. Perché se non ci aiutiamo gli uni con gli altri nessuno lo farà. E dobbiamo esserne consapevole. E delusi. E incazzati.
Questa non vuole essere una lettera. Ne ho scritte tante senza risultati. Questa vuole essere la possibilità di dar voce a tutti. Un filo di speranza. Un modo per sentirsi meno soli e più uniti. Un modo per dire che mi voglio sporcare le mani ed i piedi anche io. Nonostante il mio assoluto amore per le scarpe. E ci metto la faccia. E ringrazio chi ha reso possibile la pubblicazione di queste mie parole e la forza della mia calma. Che anche questa volta non mi ha abbandonata.
Siamo tutti con voi. Non solo ieri, non solo oggi. Ma anche domani. E per il tempo che verrà.

Carmen Pagano

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