di Vincenzo Galatro – L’integrità fisica e psichica della persona è bene primario, un diritto indisponibile e fondamentale dell’individuo, che deve essere pienamente tutelato dall’ordinamento giuridico.

La legge italiana prevede il c.d. danno biologico, consistente nella lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità fisica e psichica della persona. Pertanto, la lesione che configura il danno biologico (conosciuto anche come “danno alla salute”), può avere natura non soltanto fisica, ma anche psichica, in ragione dell’evoluzione che il concetto di salute ha attraversato nel corso del tempo.

La lesione fisica o psichica, da cui deriva la compromissione di importanti attività per la vita della persona, può essere permanente o reversibile. Pertanto, esiste una graduazione nelle forme di manifestazione del danno biologico sulla salute dell’individuo, e la quantificazione del danno è strettamente correlata all’entità, alla durata e al grado di compromissione della vita del danneggiato.

Pertanto, più ampia è la lesione della salute, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, maggior sarà il diritto ad indennizzi, sotto il profilo della risarcibilità.
La lesione della salute sub specie del danno biologico è da considerarsi, secondo la giurisprudenza, come danno di natura non patrimoniale, in quanto non lesivo di interessi patrimoniali.

Il danno biologico lede, come già accennato, un diritto costituzionalmente garantito (quello alla salute e all’integrità fisica), e, pertanto, va risarcito ai sensi dell’art. 2059 del codice civile.

Sul danno biologico c’è stato sempre un grande dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza: infatti, tale categoria di danno è stata elaborata nel tempo, soprattutto attraverso importanti pronunce della giurisprudenza.

In un primo momento, l’ordinamento giuridico prevedeva soltanto il risarcimento del danno patrimoniale (danno emergente/lucro cessante), guardano alla lesione dal punto di vista strettamente economico. Successivamente, però, l’attenzione si spostò sulle conseguenze sull’integrità fisica e psichica del soggetto, mostrando i limiti della rigida applicazione della regula iuris che sanciva la sola risarcibilità del danno patrimoniale.

Prescindendo, quindi, da ogni valutazione sulla capacità lavorativa del soggetto e dal calcolo e dalla liquidazione risarcitoria dei soli danni patrimoniali subiti, si cominciò a riconoscere una serie di interessi non patrimoniali dell’individuo, che andavano tutelati e garantiti anche a livello costituzionale, proprio perché legati al fondamentale diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione.

Il D. Lgs. n. 209/2005 (artt. 138 e 139) distingue fra danno biologico di grave e di lieve entità (fino a un’invalidità del 9%). L’interpretazione di questa norma è ai soli fini dell’importo del risarcimento danni, restando unica la definizione di danno biologico, e la modalità di accertamento e valutazione della menomazione.
In linea di principio, per l’esistenza di un danno biologico, devono sussistere i seguenti elementi:

  • una lesione fisica o psichica della persona;
  • una compromissione, in senso ampio, delle attività vitali del soggetto;
  • un nesso causale tra la lesione subita e la compromissione della vita fisica o psichica del danneggiato.

Nella casistica giurisprudenziale, il danno biologico è stato ritenuto come sussistente nella modificazione all’aspetto esteriore di una persona, nella riduzione dalla capacità di relazionarsi con altri individui, nella perdita della capacità sessuale, nella riduzione della capacità o attitudine lavorativa, nella perdita di chance lavorative.
Si pensi che, nonostante le difficoltà di valutare sotto il profilo medico-legale, viene spesso riconosciuto come danno biologico il c.d. danno psichico, risarcibile nel caso in cui abbia causato una situazione di stress sul lavoro, la morte di un congiunto o di un animale domestico, ecc.

Tuttavia, nonostante il danno biologico sia oramai una categoria di danno certamente riconosciuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ancora qualche criticità risiede nella sua effettiva liquidazione. Infatti, per il danno biologico nascente da sinistro stradale e inferiore ai 9 punti percentuale di invalidità permanente esistono le apposite tabelle dettate dal legislatore. Altrettanto succede in tema di infortunio sul lavoro. In tutti gli altri casi, bisogna fare affidamento su altri tipi di tabelle.
In particolare, il sistema di quantificazione e liquidazione del danno non patrimoniale maggiormente usato in Italia è quello del Tribunale di Milano.
Le tabelle del Tribunale di Milano, costantemente aggiornate, contengono indicazioni sui valori per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona derivante da lesione all’integrità psico-fisica e dalla perdita/grave lesione del rapporto parentale.

Gli importi indicati vengono man mano adeguati all’aumento del costo della vita sulla base degli indici ISTAT. Per esempio, per il risarcimento del danno non patrimoniale c.d. temporaneo, corrispondente ad un giorno di invalidità temporanea al 100%, è prevista una forbice economica compresa tra 96 e 145 euro.

Il  danno biologico va risarcito non solo quando la menomazione abbia compromesso, totalmente o parzialmente, definitivamente o temporaneamente, le capacità del soggetto di attendere alle sue ordinarie occupazioni produttive, ma in tutte le ipotesi in cui la menomazione abbia determinato un depauperamento del valore biologico dell’individuo.
Quindi, principio fondamentale è che alla persona deve essere riconosciuto un valore patrimoniale, indipendentemente dallo svolgimento di un’attività lavorativa o produttiva.
L’uomo in quanto persona deve essere sempre tutelato dall’ordinamento giuridico a prescindere dal reddito o dal lucro che possa trarre dall’impiego delle sue energie fisiche o intellettive.

La lesione all’integrità fisica o psichica dell’uomo costituisce quindi un danno che deve essere giuridicamente tutelato e risarcito, come conseguenza di un comportamento doloso o colposo imputabile ad altri. Il diritto di ogni persona alla salute, intesa in senso ampio come integrità psico-fisica, deve essere riconosciuto e protetto in tutte le sue sfumature e configurazioni.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 88 del 1979 ha affermato che il bene della salute risulta direttamente tutelato dall’art. 32 della Costituzione non solo nell’interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, sicché si configura come un diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati.

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