Palazzo Sant’Agostino sarà la location che ospiterà dall’8 luglio al 12 agosto 2019
la Mostra di Arte Contemporanea, personale pittorica di Vito Mercurio: “IL CANTO DEI MIEI COLORI”. Critico e Storico dell’Arte è la professoressa Giuseppina Pecoraro, di cui abbiamo l’onore di riportare la critica d’Arte:
“L’artista Vito Mercurio, musico-pittore, ci offre la lettura delle sue ultime creazioni, originali e creative, come risultanza del legame, per lui inscindibile, tra le due forme d’arte: musica e pittura.
Il nucleo fondante delle sue creazioni pittoriche è racchiuso nella maestria che è sapienza compositiva degli accostamenti cromatici vibranti di linfa vitale, acquisita negli anni. Infatti, il Nostro, utilizza il mezzo pittorico alla stregua del violino, suo strumento musicale preferito, ed imprime alle stesure cromatiche la gradualità tonale delle note musicali. Le tematiche elaborate ci inducono ad esplorare il suo variegato esaminare.
Leggere le opere pittoriche di Vito equivale ad immergersi nell’essenza del suo inno alla vita, monito e anelito per tutti: da qui l’aspetto didascalico.
Da una mia intervista si evince che l’artista da sempre ha nutrito e coltivato contatti culturali con artisti contemporanei di arte figurativa di varia formazione, appartenenti alla cerchia in prevalenza partenopea.
La sua pittura, coltivata da sempre nell’animo ed in piena sintonia alle note musicali, è esplosa imperante molti anni fa e si è arricchita della esperienza compositiva dell’insigne musicista e compositore di brani offerti ad artisti di fama internazionale.
La musica è la prima forma d’arte, sostegno e musa per artisti pittori, ma non solo. Mi sovvengono i pensieri riportati da Vincent Van Gogh, nei suoi costanti rapporti epistolari con il fratello Theo, quando nel commentare l’opera “La notte stellata” descrive il suo stato d’animo che necessitava di essere trasportato dalle note del romantico musicista Wagner e di averne ricevuto appieno tutta la linfa occorrente per dipingere e dare anima alle stelle e al suo habitat.
Colloquiando di arte con l’artista Vito Mercurio si coglie l’immediatezza della sua personalità caratterizzata da quel pathos michelangiolesco che lo anima ed è un suo bisogno insorgente che lo induce alla operatività artistica. La catarsi è l’acquietamento inseguito a cui aspira.
Il piglio verbale dell’artista si riversa e si riscontra nelle complesse rappresentazioni compositive delle sue opere, che hanno tanto da estrinsecare concettualmente e, formalmente, sono sostenute dalle vibrazioni di tutte le gamme cromatiche esistenti in natura.
Il fruitore, prima di immettersi ad analizzare le tematiche esplicite, è attratto dalle “note” dominanti delle volumetrie figurate acutamente stridenti.
Le pitture di Vito sono sfaccettature degli stati emozionali che accomunano e affraternano il genere umano. Sono un inno alla vita, offrono godimento visivo, alcune ci trasportano in un mondo fiabesco ove il ‘fanciullino’ del Pascoli appare vivo e vitale nel guscio del saggio compositore eccellente e altrettanto musicista. È qui che il musico esperto incontra il pittore in un connubio perfetto. La poetica pascoliniana si concretizza nella capacità di porsi a scoprire e a meravigliarsi, come in un sogno fiabesco, le piccole cose: una “Carezza”, “Amori al vento”, “Un violino per la Pace”, “La Follia”, “La musica al centro” …La maniacale accentuazione cromatica dei rossi e dei gialli prevalenti, pongono in evidenza i personaggi non immaginifici della sfera più intima dell’artista ove vivere è uno stato di grazia superiore.
È stupefacente la ricerca minuziosa della sintassi pittorica a cui è pervenuto l’artista, della innumerevole gamma cromatica, dei giusti accostamenti, della sapienza compositiva sempre applicata in ogni opera ove è raccontato il suo vissuto.
I suoi elaborati pittorici sono il recupero dell’analisi nella scomposizione dello spazio del campo visivo. Tali studi sulla realtà scomposta, avviati dal Post-Impressionista Paul Cezanne a fine Ottocento, vennero rielaborati da George Braque e Pablo Picasso ad inizio Novecento. Questo sodalizio culturale significò avvio di una nuova visione del mondo nell’ottica della “Quarta Dimensione”.
Ritrovo nelle opere di Mercurio, oltre il superamento prospettico dello spazio e con esso la dissacrazione dell’Antropocentrismo Rinascimentale, altro retaggio storico, da ricercare nelle pitture rupestri delle grotte di Lascaux e Altamira. Le iconografie elaborate, in ogni opera dell’artista, hanno un comune denominatore: sono volumi bidimensionali e, come nel mondo remoto, atavico, primordiale, recuperano il bisogno immediato di rappresentare il proprio vivere, con l’immediatezza progettuale che segue d’istinto l’idea prefigurata, appaiono così purificate da ogni conquista strutturale tridimensionale.
Il mondo pittorico del musico Vito Mercurio, ancora diviene gioia di vivere e si integra alla filosofia pittorica del francese espressionista delle “Belve” Henri Matisse e recupera da Chagall l’emozione infante degli autentici stati emozionali calati in chiave surreale, facendo delle sue creature pittoriche autentici capolavori.
È tale la maestria cromatica acquisita negli anni che ogni opera è un microcosmo antologico della sintassi pittorica”.
Giuseppina Pecoraro – Storico e Critico d’Arte